Margot scrive... e se fosse sempre Natale?
Trascorro il Natale fuori sede ormai da vari anni.
Parte della mia famiglia si è trasferita in un’altra città da tempo quindi, in occasione delle vacanze di Natale, ci riuniamo tutti al nord.
Non ricordo l'ultimo Natale vissuto in maniera felice e spensierata, come una bambina. So solo che il tempo ha gradualmente trasformato dicembre in un mese di malinconia e nostalgia, tanto da attendere con ansia la fine.
E non sono la sola.
Insomma, il grinch che c’è in noi fa capolino e ci ricorda che tutto questo fare festa in realtà non ci piace perché ci vede costretti a fare i bilanci dell’anno che sta per finire. È tempo di fare i conti con ciò che abbiamo fatto in dodici mesi, e a noi che dalla vita abbiamo sempre avuto tanto, forse anche troppo rispetto a chi ha poco e niente, ci sembra di non avere mai abbastanza, sempre insoddisfatti e inappagati. È più facile pensare a tutto ciò che non abbiamo.
Analizzare successi e fallimenti è scomodo, soprattutto se gli ultimi prevalgono sui primi. La vita però è un equilibrio tra bene e male, e non sarà mai perfetta, quindi forse sarebbe bene cominciare ad accettarla per come viene, perché “costruire è sapere e potere rinunciare alla perfezione”, come canterebbe Fabi.
Mi rendo conto della fugacità dei nostri lamenti melodrammatici proprio quando sono in aeroporto o in stazione, per raggiungere i miei cari o fare ritorno a casa. Incrocio, incontro e talvolta mi ritrovo a conoscere persone con storie simili alle mie, perché il Natale in fondo è anche fatto di biglietti per raggiungersi a metà strada, quella per non perdersi.
Aeroporti e stazioni sono scenari più reali di molti altri posti dove si dispensi amore. Tra saluti, addii, sguardi cupi, abbracci e lacrime nel periodo del Natale, mi chiedo: “ma perché essere più buoni e affettuosi solo a Natale?”.
In effetti il Natale è quella festività che ci riporta ad avere una serenità circoscritta a due settimane. Evitiamo litigi o vicende spiacevoli pur di obbedire a quel pensiero forzato secondo cui le feste vanno per forza celebrate, senza comprometterle. Si riduce tutto a banali episodi di circostanza: ecco perché io sono repellente al Natale.
L’affetto va coltivato tutto l’anno, mica solo a Natale.
Piccolo promemoria per i buoni propositi del 2020: evitiamo di sprecare il tempo dei restanti undici mesi a farci la guerra o a tergiversare, per poi autocommiserarci.
Pensiamo piuttosto a prenderci cura di noi stessi e degli altri, sempre.
Una volta, presa dallo sconforto di non sapere da dove iniziare e dalla sensazione che stessi trascurando gli affetti, qualcuno mi ha detto di impegnarmi per portare a termine almeno una cosa bella al giorno, credendo in me stessa, un po’ con la stessa fiducia di quando da bimba credevo fermamente in Babbo Natale.
Prima mi sembrava poco e impossibile riuscire a concretizzare almeno una cosa al giorno, ma da quando ho cominciato a farlo, tante cose hanno funzionato meglio e ho capito che è così che si costruisce.
In un mondo di brutture, contano gli affetti e l’amore, e non servono i regali per dimostrarlo. Perciò ...
Caro Babbo Natale, vorrei un Natale che durasse tutto l’anno.
Giusy Boccalatte
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