Margot pensa... La mia bambola
«Si beve a vetro!» e butto giù quel che resta del mio terzo Long Island. La stanza gira in tondo da un pezzo.
Quel genere di sabato sera in cui non ti va di uscire ma, dopo varie insistenze da parte delle amiche, alla fine lo fai. Esci, e sai già che domani non avrai la forza di studiare ma lunedì c’è il compito di matematica, e dove si va? A bere. E allora menomale che hai messo gli stivali al posto dei tacchi perché sembra di essere a bordo di una nave.
Non è abbastanza.
«Un giro di tequila per tutte?» e Rosa mi guarda ma non mi vede.
«No, cosa dici? Io non bevo, voglio andare a mangiare il kebab» dice.
«Tequila per tutte e dopo si va dal kebabbaro» è Marika a sancirlo.
«Con poca scipola, grazzie» Giulia imita Abdul il kebabbaro, è più forte di lei.
Passo una fetta di limone nell’incavo tra il pollice e l’indice, un po’ di sale sopra. Il lento rituale della tequila.
Tutte e quattro insieme, come sempre. A bere, come sempre. E c’è qualcosa in questo “sempre” che mi disturba, mi tormenta. Mi chiedo se riuscirò mai ad andarmene via da qui, da questa noia affogata con l’alcol, diluita in un sorso di tequila.
E nell’istante in cui poso il bicchiere, ecco spuntare Antonio.
«Margot» e lascio il tavolo delle ragazze per andare a salutarlo. Ma ho proprio la vista annebbiata.
«Quanto hai bevuto?» mi chiede, sorride.
«Io? Nulla, una birra con te. Ti fermi?» ci provo.
«Proprio come Barney dei Simpson, brava la mia bambola.»
Come lo odio quando mi definisce la sua bambola.
Si siede al bancone e saluta il suo amico barman, chiede due birre per noi: «Per me una Beck’s e per la signorina una Tennent’s, giusto?».
Due settimane fa ho proposto ad Antonio di vederci, gli ho detto di portarmi al mare. All’uscita da scuola, è venuto a prendermi con la macchina e quel giorno ero su di giri. Marika si era assentata per tre giorni di fila. Dov’era finita? Abbiamo chiesto notizie a sua madre, dritte alla fonte, e abbiamo scoperto che suo nonno è morto. Sono salita sulla macchina di Antonio e gli ho raccontato tutto. Avevo bisogno di sfogarmi.
“Guardati, guardaci. Ti rendi conto che è la prima volta che ci vediamo e sembra di conoscerci da un pezzo?” e io mi chiedevo perché sono uscita con uno che parla con frasi fatte.
«Che fai, non mi presenti alle tue amiche?» Guarda il tavolo delle ragazze.
«No» dico.
«Ma sono qui.»
E sono categorica. «No.»
Antonio non mi ascolta, si avvicina alle ragazze e si presenta. È la prima volta che lo incontrano.
«Ma tu sei Antonio, sei uno spacciatore?» Marika.
«Margot ha detto che fai il pizzaiolo, o il cameriere…» Rosa è ubriaca persa.
«Wow, solo cose belle» seconda frase fatta.
«Ti fermi a bere con noi?» chiede Giulia.
«No, sono di passaggio. Controllavo la mia bambola» e appoggia un braccio sulle mie spalle.
Come sono caduta in basso.
Si salutano e lo accompagno fuori.
«Era così difficile?» ride.
«Antonio… tra noi è finita» gira tutto.
«Ma stai scherzando? Perché?» non capisce.
«È finita e basta…»
Prova a scuotermi dal mio silenzio, pretende risposte che non ho.
Sbatte un pugno contro muro del locale, stringe il volto in una smorfia di sofferenza e se ne va via. Lo vedo agitare la mano dolorante, sbattere le spalle scontrandosi con le persone che incontra.
Marika mi è vicina. «Che è successo, Margot?» mi chiede.
«Quello che succede sempre. Ne ho abbastanza di questo mondo schifo, tutte le decisioni che prendo mi sviliscono.»
Nel dirlo, è un attimo, sento la tequila risalire su e portarsi l’orrore gastrico della serata. Viene tutto fuori, mentre Marika mi tiene la fronte e i capelli stretti in una coda.
La serata finisce così. Con me che non riesco più a smettere di vomitare ma devo mettermi a letto.
Eppure non sono più in grado di camminare dritto o senza fare rumori, allora mi tolgo le scarpe ed entro in casa scalza, cercando di non svegliare i miei. Scappo in bagno ma non ho più nulla da vomitare, dovrei mangiare qualcosa.
Penso ad Antonio. Cerco il telefono nella borsa e provo a chiamarlo. Sento squillare. Risponde.
«Che vuoi ancora? »
«Scusami, sono un’idiota,» dico, «non lo so perché ho reagito in quel modo, ho vomitato.»
«Ti senti bene? Dove sei? Ti accompagno a casa…»
«No, sono già a casa e... io non vado a dormire se non mi giuro che ti dimentichi quello che ti ho detto.» O almeno questo è ciò che penso.
«Stai biascicando, non capisco quello che dici, Margot…»
«Tu mi piaci.» Banale come le sue frasi fatte.
«Margot…»
«No, Antonio, ascoltami... stasera al bar ho detto una cazzata, non voglio che tra noi finisca. Cazzo, sei l’unica persona decente che riesce a sopportarmi, lo so che ci conosciamo da poco tempo ma è bello stare con te. Il sesso è bello, con te.»
...
«Tu non dici niente?»
«Margot, mettiti al letto e prova a dormire. Ce la fai?»
«No, no. Mi hai sentito quello che ti ho detto...»
«Io non voglio essere il tuo ripiego, non voglio essere una di quelle coppie fatta di baci e sesso» fa una pausa «il problema non sei tu, sono io.»
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