Margot legge... L'insostenibile leggerezza dell'essere - Milan Kundera

Ricerchiamo la vertigine. In fondo, la paura di cadere, ci piace. Non sopportiamo la leggerezza e, artefici del nostro destino, ci lasciamo incantare dalle innumerevoli casualità che incontriamo nel prendere le nostre decisioni. 
Ed è proprio grazie alle sei casualità incastratesi tra di loro che nasce il sentimento tra Tereza e Thomas, lei è una donna semplice con i suoi retaggi di un’infanzia pesante e lui è un affermato medico inafferrabilmente solo ma circondato da amicizie erotiche.
E poi incontriamo Sabine, amante di Tomas, e Franz, amante di Sabine. Entrambi troppo diversi per cercare di capirsi, troppo scoordinati per appartenersi.

Tomas allora non si rendeva conto che le metafore sono una cosa pericolosa. Con le metafore è meglio non scherzare. Da una sola metafora nasce l’amore. 


Tereza appare a Tomas come un bambino messo da qualcuno in una cesta spalmata di pece e affidato alla corrente, un piccolo Edipo insomma. Ma proprio da questa metafora nasce l’amore. 
È circondato da innumerevoli amanti e dalle sue regole, poi Tereza si ammala ed è costretta a vivere in casa sua. Una casa su misura per un uomo single che non permette a nessuno di fermarsi, difatti non possiede un letto ma un divano. Lei non supererà mai la pesantezza dei continui tradimenti di lui, la sua gelosia non le permetterà mai di avere sogni tranquilli. 

Sabine, invece, è una pittrice in esilio, una donna libera che, dopo tanto errare, incontra Franz e non chiede altro che essere tenuta stretta fra le braccia di lui, un professore sposato. I due sono poli opposti. Si parlano ma non si capiscono, dove lei vede eccitazione lui vede divertimento, e proprio per loro Kundera scrive il “Dizionario delle parole fraintese”. All’inizio lui non vuole lasciare la moglie e lei vorrebbe non dover competere con un’altra donna, poi lui le dà la possibilità di uscire allo scoperto e lei ne sente la pesantezza al punto tale da sparire, da scappare. 

Le due storie d’amore sono raccontate dalle parole di Kundera che tempestivamente ricorda che i suoi personaggi sono inventati, commenta la loro vita e spinge il lettore alla continua riflessione, sullo sfondo della guerra e della primavera di Praga, l’invasione comunista e la censura.

Percepiamo la vita, se Nietzsche sostiene che un giorno ogni cosa si ripeterà così come l’abbiamo già vissuta, sappiamo bene che l’uomo può vivere consciamente solo una vita. 
Se l’uomo può vivere una sola vita, è come se non vivesse affatto. 
E allora ci interroghiamo sul nostro destino, sulla fatalità del caso, sulla felicità, su come dovrebbero andare le cose, sulle nostre decisioni, e tutto quello che può apparentemente sembrare leggero, con il tempo mostra il suo insostenibile peso. 

Un libro delicato e un pizzico complicato. Un libro che richiede attenzione, riflessione. Chiunque deciderà di approcciarsi ad una lettura come questa ne trarrà sicuramente giovamento e arriverà alla domanda-fulcro posta da Kundera: È meglio la leggerezza o la pesantezza?


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