Margot scrive... Baudelaire, il nostro è un mondo maledetto


Charles Baudelaire. Non c’è bisogno di tante spiegazioni, basta solo il nome per ricordarci che stiamo parlando dell’autore de I fiori del male.
È stato un poeta, scrittore, critico letterario, critico d'arte, giornalista, filosofo e traduttore francese. 
Le sue opere hanno influenzato molti autori successivi a lui, come ad esempio i "poeti maledetti" come Verlaine, Mallarmé e Rimbaud, e poi ancora gli scapigliati italiani, Proust e molti altri, fino ai giorni nostri.
Les Fleurs du Mal, pubblicato a Parigi nel 1857, fu da subito un grande scandalo per quella bellezza, quel peccato irresistibile, il mal de vivre che rende la morte l’unica salvezza, quei temi che mai prima qualcuno aveva cercato di mettere su carta.
La sua era una vita sregolata, fatta di passione e droghe, tutto pur di evadere dalla realtà.
Le poesie dei poeti maledetti erano la miglior espressione del male, le angosce umane, la realtà dura della vita di quel secolo, cercando di mostrare che anche in questo, come in tutte le cose, la bellezza c’è e basta saperla scovare. Erano maledetti perché cercavano di guarire il mondo, con i loro versi, senza essere mai riusciti a guarire se stessi.
La morte, la sessualità, l’orrore, il peccato. Tutto e niente. Quel malessere che sarà accolto dal Decadentismo e che, ancora oggi, fanno parte dell’uomo comune.

Non dobbiamo sorprenderci, perciò, quando diciamo che il nostro è un mondo maledetto.
Vigliacchi fatti di rimorsi, pentimenti, illusioni. Uomini fatti di social, corsette al parco, fila al supermercato (pur di evadere).
Nell’ultimo mese ne abbiamo viste davvero tante …

Verlaine ha coniato l’espressione “poeti maledetti”, dalla critica successivamente attribuita a un gruppo di poeti come Baudelaire, che hanno sdoganato i canoni della poesia, riflettendo un malessere legato alla decadenza della società. 
Come si intuisce, la scelta del termine “maledetto” è provocatoria e suggerisce un significato non letterale. Qualsiasi accezione si voglia dare alla parola, resta il fatto che Baudelaire ha il merito di averci visto lontano su tanti temi. Baudelaire si sentiva inadeguato ma, a sua volta, rimbalzava le colpe delineando una società anch’essa maledetta, costituita da uomini meschini e mediocri. 
E se Baudelaire osservasse il mondo di oggi? 
Probabilmente constaterebbe una realtà poco distante da quella che lui evocava nei suoi scritti.




Dall’Ottocento di Baudelaire, l’umanità ha avuto la straordinaria capacità di progredire in tutti gli àmbiti, ad eccezione di quello comportamentale, in cui a volte sembra regredire. Di uomini maledetti ne vediamo sempre tanti, ma ai tempi del coronavirus, le debolezze di tutti si sono accentuate. 
Quali sarebbero dunque i maledetti dei giorni nostri? 




Non basterebbe neanche una Top 10, perché dieci categorie renderebbero la classifica troppo riduttiva.

Il primo posto è molto conteso, ma per noi è decisamente occupato dai detentori della disinformazione: gli abili autori di fake news, tessitori di bufale da dare in pasto a soggetti che, spaventati per la loro incolumità, crederebbero a qualsiasi cosa. Simili ai falsi giornalisti sono i tuttologi, esperti e intenditori di qualsiasi materia pur non avendone competenza o cognizione di causa.
La libertà di opinione è un diritto sacro, sì, ma è cosa ben diversa dal pressappochismo. Nel meraviglioso mondo dei social media le categorie maledette non conoscono confini. C’è infatti chi si lamenta della quarantena. 
Se si facesse un sondaggio, si scoprirebbe che un’alta percentuale di queste persone è la stessa che fino a un mese fa si lamentava di non avere neanche il tempo di pensare. Non che adesso, con il riposo forzato, sia cambiato molto, eh. 
Sono rimasti spenti i neuroni di quei patrioti che intonano l’Inno Nazionale, ma che giorni prima hanno saccheggiato, con egoismo, supermercati e farmacie. 
Lo spirito di collettività sembra scarseggiare anche nell’animo degli sciacalli di turno, che pensavano di trarre un lucro dalla vendita illecita di vari dispositivi medici. Eh sì, perché neanche di fronte a un virus mortale l’essere umano si fa scrupoli. 
Gli interessi economici spesso sono l’oppio anche del mondo calcisitico. Dalla partita Atalanta-Valencia disputata il 19 febbraio, all’indecisione di sospendere o meno il campionato, di certo la Uefa ultimamente non ha dato prova di comportamenti esemplari. 
Eppure, c’è chi nella quarantena non perde l’ottimismo e aderisce alla campagna #andratuttobene. Va bene che in questi tempi duri abbiamo bisogno di good vibes, però un po’ di sano realismo che rende lucidi e più intellettualmente onesti forse non guasterebbe, ricordandoci che esistono anche molte persone a cui è già andato tutto molto male. 

Ad ogni modo, questa quarantena sta anche avendo effetti positivi sull’impatto ambientale. Tutti a casa e il pianeta Terra ringrazia. Faremmo volentieri a meno di una pandemia per capire che si dovrebbe contribuire alla riduzione dell’inquinamento con stili di vita e scelte più sostenibili. Allo stesso modo, non è necessaria una pandemia neanche per elogiare il sistema sanitario italiano. Investire nella sanità sarebbe il miglior modo per dare dignità ed efficienza a questo settore così vitale per un paese.


Insomma, in un dialogo immaginario con Baudelaire, se gli venisse chiesto come sopravvivere a un mondo così maledetto, nella migliore delle ipotesi ci consiglierebbe di ubriacarci.

... di vino, di poesia, o di virtù.

Dunque ... sì, Baudelaire. Adesso parliamo proprio a te. Siamo molto lontani dai poeti maledetti della tua epoca. Eppure il nostro è ancora un mondo maledetto.

Serena Votano
Giusy Boccalatte

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