Margot legge... Spatriati - Mario Desiati

«Chiunque scrive ha l’utopia di voler correggere la realtà.» Eccome se può farlo.

 

Nella straordinaria edizione della settina, a vincere il Premio Strega 2022 è Spatriati di Mario Desiati (Einaudi), un romanzo che è una storia di formazione, d’amore e amicizia, emarginazione ed emigrazione, soprattutto è il ritratto di una generazione di “spatrièt” che ha saputo fare della propria individualità un punto di partenza. 




 

La cerimonia si è svolta il 7 luglio nei suggestivi spazi del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma. Il romanzo dell’autore pugliese ha ricevuto 166 voti e il premio è stato consegnato da Giuseppe D’Avino, presidente di Strega Alberti Benevento.

 

La dedica: «Lascerò questa bottiglia intonsa. La berrò in Puglia, in ricordo degli scrittori della mia terra, a cominciare da Mariateresa Di Lascia, che lo vinse nel 1995 e non poté ritirarlo perché morì alcuni mesi prima. E vorrei aprirla vicino a dove è Alessandro Leogrande, che era un mio amico: l’avremmo bevuta insieme».

 

Riporta la casa editrice Einaudi sul podio del primo posto dopo ben cinque anni (l’ultimo, Le otto montangne di Paolo Cognetti) e guida la letteratura queer verso un mondo culturale che, sì, non aspettava altro.

 

«Quando un fronte d’aria fredda incontra a terra una massa d’aria calda, quest’ultima si alza al ciel. Nascono i temporali. Pioggia e fulmini, acqua e fuoco. Non ho mai capito chi tra i due fosse il caldo e chi il freddo, ma mi ritengo fortunato di aver incontrato il mio fronte opposto in Claudia Fanelli, la spatriata, come qui chiamano gli incerti, gli irregolari, gli inclassificabili […] o forse, nel caso che ci riguarda, i liberati.»

 

Francesco Veleno, voce narrante, la nota subito. Tra i banchi di scuola, Claudia Fanelli sta in disparte ma è impossibile non notarla. Spavalda, si muove sinuosa nella sua diversità, senza curarsi dell’opinione degli altri compagni.

 

A unirli non è l’affinità ma il rapporto extraconiugale tra il padre di lei e la madre di lui, a legarli per sempre è il loro modo di cambiar pelle senza mai perdere l’atavico bisogno di distaccarsi da Martina Franca, il paesino in cui vivono. 

Francesco è ritroso, poco intraprendente e ancorato al paese; Claudia, invece, si allontana presto dalla famiglia e dalla provincia pugliese, stimolata dalle nuove esperienze. Prima il semestre a Londra, l’università a Milano, poi il trasferimento a Berlino. Nonostante i due ragazzi siano così diversi, vivono un’esistenza complementare. Un’amicizia a distanza che si condensa nelle telefonate, poi nelle mail, infine nei messaggi. 

Claudia gli racconta le sue esperienze sentimentalmente sbagliate, i libri che divora; lui resta in paese, tra gli ulivi e il mare, e la sogna. Segretamente, la ama. E la aspetta.

I due amici rappresentano i due poli opposti di una generazione: chi non vede l’ora di partire e ripartire, chi è ostinato a restare. Eppure anche Francesco, a modo suo, ha bisogno di una fuga. E a quel bisogno risponde truccandosi, segretamente, davanti allo specchio, per poi abbandonare quella maschera di trucco sul cuscino.

 

Anche Claudia lo aspetta, a Berlino. La capitale tedesca, regno di una cultura giovanile fluida e disinibita, sarà il luogo anche Francesco potrà sperimentare la sua sessualità in una dimensione liberatoria. In modo parallelo, ma ugualmente affascinante, vivranno due amori complicati: lei con Erika, una ragazza sfuggente e istintiva, lui con Adria, un georgiano affascinante dalla vita precaria. 

A cullarli nella loro maturità mancata, le infinite notti berlinesi. 

 

Spatriati, nel dialetto pugliese, non indica soltanto gli emigrati, ma tutti coloro che non hanno il senso dell’orientamento, si sentono inadeguati, sbagliati, spaesati. Il rimedio? Cercare un’alternativa al conformismo, partire per trovare un’identità e un luogo in cui abbandonarsi. D’altronde è anche vero che bisogna guardare lontano per vedersi bene.

Mario Desiati analizza due modi diversi di sentirsi spatriati nella vita, attraverso un racconto generazionale dove i conflitti, le indecisioni, i fallimenti e le continue partenze, diventano un modo per non soccombere o invecchiare nel rimorso di ciò che avrebbero voluto diventare. Perché spatriare, per Francesco e Claudia, vuol dire conquistare. Sebbene crescere significhi anche cambiare e, il più delle volte, fraintendersi.

 

Attraverso uno stile di scrittura evocativo e mai banale, Desiati incastra la sua storia in un contesto narrativo ben delineato, fatto di riferimenti musicali, culturali, politici, una bussola per il lettore perso alla rincorsa dei personaggi. Un romanzo consigliato a chi è alla costante ricerca di un modo per fuggire da una mediocre esistenza per esplorare la propria fluidità sentimentale, di un modo per sentirsi libero come non si è mai, perché (come è scritto in quarta di copertina) «a volte si leggono romanzi solo per sapere che qualcuno ci è già passato».

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