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Margot scrive... Il declino del "Lei"

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"Darsi sempre del tu è una finta familiarità che rischia di trasformarsi in insulto" - Umberto Eco La scomparsa del lei sembra essere un lutto esclusivamente per i nostalgici delle buone maniere, ma la motivazione va ricercata nella società di oggi... Se entri in un negozio per comprare dei semplicissimi jeans, automaticamente i commessi ti daranno del "Tu", giusto per entrare in confidenza. Se, invece, il cliente è un anziano signore dai capelli bianchi o un qualunque uomo in cravatta, una signora di una certa età o una donna che indossa una pelliccia, automaticamente agli occhi dei commessi sembra richiedere rispetto, ergo viene utilizzato il "Lei". Lo stesso avviene nel quotidiano, siamo davanti al dottore, al professore, al dipendente di turno e diamo del "Lei", saliamo sui mezzi pubblici o facciamo una passeggiata per strada, urtiamo qualcuno o diamo indicazioni stradali e, automaticamente, il nostro linguaggio ha un registro basso.

Margot legge... Parlarne tra amici - Sally Rooney

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Frances è una di quelle studentesse insopportabilmente brillante, ha 21 anni e un muro di intelligenza e freddezza che solo a pochi amici permette di invadere, tra cui Bobbi. Lei è la sua ex fidanzata e unica amica con cui recita poesie, è Frances a scriverle ma non si è mai degnata di pubblicarle perché preferisce che si disperdano «eteree al suono degli applausi», e non mira a ottenere un posto nella casa editrice dove sta svolgendo un incarico part-time. Bobbi, agli occhi di Frances, sembra sempre essere una versione migliore di se stessa: più bella, più cool, più trasgressiva, più lesbica, più ricca. Sin dalla prima pagina, dietro questo muro di  self-sufficient,  sappiamo che Frances è un cumulo di insicurezze, assomiglia molto a noi comuni mortali che nella vita un po' stentiamo e un po' osiamo. Una sera, Frances e Bobbi vengono invitate a casa di Melissa, un'autrice che vorrebbe scrivere un pezzo biografico su di loro, e poco più tardi conoscono suo marito Nick.

Margot pensa... 2020

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Anno nuovo, vita nuova. Ma basta? Mi sono sempre chiesta cosa serva per cambiare vita, a parte un biglietto di sola andata verso everywhere . Così ho stilato per voi una lista su come cambiare vita in dieci mosse e senza neanche troppi sforzi. 1- Scoprire le nostre passioni. Ognuno di noi ne ha una, il nostro talento va alimentato. Perché le piccole gioie della vita la rendono meritevole di essere vissuta, per noi. 2- Ritagliare un po' di tempo per sé. Come in "Per dieci minuti" di Chiara Gamberale, trovare 10 minuti del proprio tempo per fare qualcosa di nuovo che non avete mai fatto o pensato di fare. 3- Ridere. 4- Scoprire. Viaggiare per scoprire sempre qualcosa di nuovo, anche le cose scontate. Anche a un'ora da te. 5- Vedere il bicchiere mezzo pieno. Di acqua. Perché niente è più buono dell'acqua e almeno una volta nella vita lo avete pensato anche voi. 6- Conoscere gente nuova per conoscersi. Scoprirai aspetti di te che si erano assopiti.

Margot legge... Orgoglio e pregiudizio - Jane Austen

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Orgoglio e pregiudizio è uno dei sei romanzi della scrittrice Jane Austen, potrebbe essere considerato un frivolo romanzetto rosa che tratta di temi comuni come l'amore e il matrimonio ma, come impariamo da questa stessa storia, molto spesso il pregiudizio e l’orgoglio ci traggono in inganno anche su un libro.  Il racconto è incentrato sulla vita della famiglia Bennet con le 5 figlie, diverse tra loro e diverse dai genitori. Tra queste figlie spicca la nostra protagonista Elisabeth, una ragazza molto intelligente, razionale, sensibile e premurosa ma solo nei confronti di chi lo merita. E, mentre Mrs Bennet viene descritta come una donna priva di delicatezza e eleganza, il cui unico obiettivo nella vita è far sposare una delle cinque figlie per salvaguardare la proprietà terriera, Mr Bennet è un brillante e rispettato gentiluomo con un spiccato lato ironico e un forte rapporto con la figlia Elisabeth.  La vita nella tenuta scorreva normalmente, finché a Netherfield arrivò u

Margot scrive... e se fosse sempre Natale?

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Trascorro il Natale fuori sede ormai da vari anni.  Parte della mia famiglia si è trasferita in un’altra città da tempo quindi, in occasione delle vacanze di Natale, ci riuniamo tutti al nord.  Non ricordo l'ultimo Natale vissuto in maniera felice e spensierata, come una bambina. So solo che il tempo ha gradualmente trasformato dicembre in un mese di malinconia e nostalgia, tanto da attendere con ansia la fine .  E non sono la sola.  Insomma, il grinch che c’è in noi fa capolino e ci ricorda che tutto questo fare festa in realtà non ci piace perché ci vede costretti a fare i bilanci dell’anno che sta per finire. È tempo di fare i conti con ciò che abbiamo fatto in dodici mesi, e a noi che dalla vita abbiamo sempre avuto tanto, forse anche troppo rispetto a chi ha poco e niente, ci sembra di non avere mai abbastanza , sempre insoddisfatti e inappagati. È più facile pensare a tutto ciò che non abbiamo.  Analizzare successi e fallimenti è scomodo, soprattutto se gli

Margot pensa... Un'altra candelina

Proprio oggi io, Serena, compio ben 23 anni. Io. Mi chiedo come è possibile e cosa ho fatto per tutto questo tempo. Provo sempre quest'ansia di vivere, come se non vivessi mai abbastanza e fossero troppe le cose da sapere, a questo mondo, e che ancora non so. Mi chiedo come è possibile che la gente passi dal non saper soffiare le candeline allo sperare di non aver un attacco d'asma dopo il soffio. Cosa c'è nel mezzo? Ho sempre vissuto un po' male il giorno del mio compleanno, a parte l'anno scorso. E questa è un'altra storia, magari un altro giorno ci scriverò un racconto. Perché faccio sempre così, nella mia vita. Penso sempre a come scriverei tutte le cose che mi accadono. Non faccio in tempo a vivere una cosa che già mi dico di non dimenticarla e di tenerla a mente per il prossimo racconto. Triste, per alcuni. Per me è la vita. Scrivere e leggere, e poi leggere sempre di più. Ma il punto è che oggi faccio 23 anni. Non mi va di tagliare una torta e di

Margot scrive... Workaholic - La malattia del 21° secolo

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La workaholism , anche detta work addiction, è stata introdotta nel 1971 da Oates, per indicare il bisogno incontrollabile di lavorare incessantemente, una di quelle malattie strane tipo la Social Addiction o lo Shopping Compulsivo.  Non è una di quelle dipendenze come l'uso di sostanze, non riguarda un appagamento istantaneo ma un insieme di attività che richiedono uno sforzo, per un lavoro o un servizio, per il quale si prevede una remunerazione. Molti, a seguito dell’accettazione di lavori sottopagati ed estenuanti, si drogano di lavoro pur di riuscire a sostentare (a malapena) le spese familiari. Una sorta di sacrificio di sé stessi che poi, per forza di cose, porta i workaholic a trasformare l’ambito lavorativo in unico punto di riferimento, annullando la vita sociale e familiare. Per loro il lavoro diventa l’habitat principale e ciò che sta fuori superfluo. In Italia la situazione dei Workaholic è degenerata dal 2011, dopo il Decreto Salva Italia di Monti e la succ